di Marina Carta-Buttiglione
Siamo alla sesta e ultima puntata dedicata ai centri d’eccellenza della Clinica Luganese Moncucco. Ripresa la normale attività dopo l’emergenza coronavirus, torniamo a incontrare i medici dell’istituto. Ci siamo intrattenuti con il professor Federico Moriconi e con il professor Alessandro Repici per parlare di gastroenterologia.
Professor Moriconi, com’è organizzato il settore della gastroenterologia alla Clinica Luganese Moncucco? «Il reparto può contare su sei gastroenterologi senior, ovvero su medici specializzati che vantano un’ottima esperienza nel settore. Ogni giorno, 7 giorni su 7, ci occupiamo a turno della valutazione gastroenterologica ed endoscopica sia di pazienti ambulanti sia degenti all’interno dei vari reparti della clinica (chirurgia, medicina interna…). Gli esami si eseguono di regola dal lunedì al venerdì, ma forniamo un servizio di picchetto 24 ore su 24. Ciò significa che, in caso di emergenza, possiamo intervenire anche nei fine settimana e di notte».
Come avete affrontato l’emergenza pandemia? «Tutti sanno ormai che la Clinica Luganese Moncucco, nella fase acuta dell’epidemia, è stato designato come ospedale Covid. Durante questa prima fase, abbiamo quindi offerto solo servizi di emergenza.Potevamo cioè effettuare esclusivamente esami endoscopici d’emergenza, tralasciando la normale routine. C’è stata un’attività ridotta, ma abbiamo sempre garantito il nostro supporto a chi ne aveva urgentemente bisogno».
In cosa consiste la normale routine? «Dal 27 aprile sono riprese le attività sanitarie non urgenti: i gastroenterologi, come gli altri medici, possono nuovamente predisporre esami di routine, cosiddetti di “screening”. Si tratta di interventi di carattere diagnostico. Nel nostro caso ci riferiamo soprattutto alla colonscopia, fondamentale per individuare casi di carcinoma colonrettale. Le linee guida suggeriscono che a 50 anni, ogni persona, dovrebbe fare una colonscopia di screening o, come si dice in gergo, di depistaggio: data la sua rilevanza, per le fasce di popolazione sopra i 50 anni, i costi dell’esame sono presi a carico dall’assicurazione malattia».

Perché si tratta di esami tanto importanti? «Tutti i pazienti, anche senza sintomi, dovrebbero sottoporsi a questo esame, perché ci permette di individuare i cosiddetti polipi, ovvero delle lesioni benigne del colon. Una parte di questi, il 10-15%, può con gli anni crescere fino a degenerare diventando un tumore neoplastico. Ebbene, ci sono pochi esami come la colonscopia di screening che possono allungare la vita. Questo perché, quando troviamo un polipo noi lo asportiamo endoscopicamente, impedendogli di crescere negli anni fino a diventare un tumore invasivo, che a quel punto dovrà essere operato e/o trattato con una terapia chemioterapica».
L’endoscopia è l’unico esame efficace? «Esistono anche i cosiddetti test del sangue occulto nelle feci, ma possono generare dei falsi negativi. La colonscopia di screening invece è davvero funzionale, è realtà. Sempre più spesso i medici di famiglia ci inviano i loro pazienti; ciò significa che c’è stata una sensibilizzazione sull’argomento. D’altronde si tratta di esami preventivi e salvavita».
Dal punto di vista della prevenzione, come comportarsi? «Parliamo essenzialmente di prevenzione di tumore del colon. Alcuni studi hanno evidenziato quanto uno stile di vita salutare (mangiare sano, fare movimento, non fumare…) possa portare dei vantaggi. Tuttavia, allo stato attuale non esiste uno strumento che possa sostituire la colonscopia quando si tratta di prevenire un tumore del colon».

Quale dev’essere la frequenza degli esami? «Abbiamo già detto che bisognerebbe sottoporsi a colonscopia a partire dai 50 anni. Se ci fosse invece una familiarità di primo grado con il tumore del colon (la mamma o il papà che ne hanno sofferto), sarebbe opportuno fare un controllo già a 40-45 anni. Quando ripetere l’esame lo decide invece il gastroenterologo in base al referto. Se non si trovano dei polipi e il paziente è asintomatico si consiglia di tornare dopo 8-10 anni. Al contrario, in relazione a numero, grandezza e tipo istologico del polipo, dopo aver cioè ricevuto il risultato dal patologo, decideremo quando fare un ulteriore controllo endoscopico, di solito dopo 3-5 anni. Se non si presentano polipi, ma esiste una famigliarità di primo grado, il paziente deve ripetere l’esame ogni 5 anni. Preciso che noi ci basiamo sulle linee guida della Società svizzera di gastroenterologia (SGG)».
Quali sono gli strumenti a vostra disposizione? «Per prima cosa possiamo contare su importanti risorse umane, vale a dire su medici altamente specializzati e dalla comprovata esperienza, come il professor Repici, che riesce a trattare determinate patologie endoscopicamente. Parliamo di un’endoscopia che si avvicina molto alla chirurgia, che permette di trattare patologie tumorali ai primi stadi mediante approccio endoscopico, evitando al paziente un’operazione invasiva. Poi c’è tutto l’aspetto strumentale. Qui in Moncucco possiamo disporre di due sale endoscopiche; è importante sottolinearlo. Uno standard elevatissimo».
Può farci qualche esempio di intervento? «Possiamo per esempio fare delle mucosectomie, ovvero dissezioni endoscopiche su mucosa (in gergo ESD). È un trattamento che ci permette di resecare il tumore a livello di sottomucosa. A inizio anno il prof Repici è riuscito, con questa tecnica poco invasiva, a curare un paziente da un adenocarcinoma in fase iniziale all’esofago».

L’endoscopia costituisce dunque il vostro principale alleato? «Esatto, sia che si tratti di gastroscopia (visione endoscopica dell’apparato digerente superiore), sia di colonscopia (visone endoscopica dell’apparato digerente inferiore). Alla Clinica Luganese Moncucco possiamo eseguire anche le cosiddette ecoendoscopie. Servono ad esempio per capire quanto sono grandi determinati tumori. Tecnicamente, si usa uno strumento flessibile che all’estremità è dotato di una piccolissima sonda ecografica. Sfruttando gli ultrasuoni è in grado di riprodurre su uno schermo delle immagini dettagliate ed accurate dell’apparato digerente. Attraverso questo strumento si può anche introdurre un ago all’interno di una lesione tumorale, per esempio nei casi di tumore al pancreas, con lo scopo di prelevare una biopsia. Si tratta di un esame istologico estemporaneo».
Una bella evoluzione tecnologica rispetto al passato! «È proprio così. Negli anni passati la medicina si basava prevalentemente su esami radiologici (Tac), che comunque continuiamo a usare. L’istologia endoscopica oggi è altrettanto importante, perché grazie a essa riusciamo ad avere risposte definitive. Ma c’è di più: l’endoscopia sta evolvendo giorno dopo giorno in maniera importante e lo fa anche grazie al lavoro di persone come il professor Repici, uno dei fautori dell’intelligenza artificiale applicata in ambito endoscopico».
Professor Repici, quali sono i vantaggi di un esame endoscopico? «Facciamo una premessa. I tumori sviluppati nel tubo digerente costituiscono la prima causa di morte nei pazienti oncologici. In particolare: terza causa per il colon, sesta per lo stomaco, dodicesima per l’esofago. Capirà dunque quanto siano importanti degli esami preventivi. Questi tumori, a differenza di altri, compaiono attraverso dei precursori benigni, ovvero i polipi, che possono però svilupparsi fino a diventare maligni. Togliendoli, eliminiamo la possibilità di sviluppare il cancro in maniera sostanziale».
Come riconoscere un polipo pericoloso? «Non sappiamo quali di questi polipi sviluppano il cancro, quindi dobbiamo asportarli tutti. Alcuni si presentano già come tumori maligni (tumori superficiali) e quando sono superficiali possiamo toglierli per via endoscopica con una tecnica particolare che ne consente la rimozione completa. Questa è stata una delle grandi innovazioni dell’endoscopia, perché fino a 10 anni fa questi tumori venivano asportati solo chirurgicamente, con un impatto importante sulla qualità della vita e dell’ospedalizzazione. Lei s’immagini cosa significa asportare a un paziente il retto. Facile comprendere come questo abbia portato un grande miglioramento sia del profilo di cura sia della qualità di vita del paziente».

Lei è uno dei precursori dell’intelligenza artificiale applicata all’endoscopia. Quando si utilizza? «L’intelligenza artificiale ha cambiato la vita degli esseri umani, basti pensare ai programmi con cui si fanno previsioni, si coordinano attività, si gestisce il traffico aereo, si guidano le nostre automobili, … Anche in medicina si sta sfruttando quest’importante tecnologia. Le prime applicazioni dell’intelligenza artificiale riguardavano la radiologia e servivano a migliorare la performance diagnostica per alcune procedure quali la tac o altre metodiche radiologiche.
Oggi viene sfruttata anche in endoscopia, nello specifico durante le colonscopie».

Come funziona esattamente? «È un sistema che aiuta noi medici a riconoscere le lesioni con un’elevatissima precisione. Il tasso di polipi che non vengono visti in endoscopia, in alcune condizioni, è stato stimato fino al 20 %. L’intelligenza artificiale migliora notevolmente questa performance, perché il software utilizzato consente di analizzare tutto ciò che appare sul monitor con una velocità di circa 2 milioni di volte superiore alla velocità del cervello umano. L’intelligenza artificiale guarda al monitor con una capacità di analisi molto più efficace dell’occhio umano, perché riesce a cogliere tutti i frame che in quel momento il video esprime».
Cosa significa? «Significa maggior precisione. Il software analizza tutti i singoli pixel che compaiono sul nostro schermo e, se individua qualcosa di anomalo, emette un segnale visivo (puntino o alert) o un suono, richiamando l’attenzione del medico. Uno studio clinico realizzato a Milano ha dimostrato che usando l’intelligenza artificiale si migliora la performance della capacità diagnostica in colonscopia di circa il 15 %. Questo si associa a un miglioramento della prevenzione del cancro del colon enorme».
Anche alla Clinica Luganese Moncucco si sfrutta l’intelligenza artificiale? «Ben presto sì. Conscia delle potenzialità in ambito diagnostico offerte da questo strumento, la Clinica sta lavorando per dotarsi della tecnologia necessaria. E io di questo sono molto felice».
Può farci qualche altro esempio di trattamento eseguito per via endoscopica? «Per via endoscopica si curano tantissime patologie, come ad esempio i diverticoli dell’esofago, che una volta erano esclusivamente trattati con la chirurgia. Nei prossimi 5-10 anni, l’endoscopia, avendo il grande vantaggio di offrire al nostro corpo un accesso naturale (attraverso la bocca o l’ano) e di operare con tecniche di chirurgia mininvasiva, rivoluzionerà la medicina. C’è già chi pensa alla chirurgia ginecologica transrettale o transvaginale e chi comincia a fare un certo tipo di interventi cardiologici con accesso dall’esofago… Insomma, è in corso una rivoluzione».
Una tecnica applicabile in svariati ambiti, dunque? «Sì, è importante poter contare su diverse competenze, soprattutto quando si tratta di pazienti che presentano patologie complesse. Mi riferisco in particolar modo ai casi oncologici, gestiti in tutti i grandi centri attraverso i cosiddetti “tumor board”, che comprendono: l’oncologo, l’anatomopatologo, il radiologo, il radioterapista, il gastroenterologo, il chirurgo… L’insieme di queste competenze garantisce che il paziente venga gestito secondo i protocolli internazionali più moderni, più impattanti sulla qualità della cura. Ormai si va verso la medicina di precisione».
Possiamo parlare di multidisciplinarietà? «Assolutamente. Nel nostro campo è fondamentale collaborare tra branche, in particolare con la chirurgia e l’oncologia (e anche con la radioterapia). Bisogna lavorare a braccetto per prendere le migliori decisioni nell’interesse del paziente e ottenere buoni risultati. Nei casi di tumori in fase avanzata, ad esempio, l’endoscopista non può sostituirsi al chirurgo. Parlare col chirurgo e con l’oncologo è importante per individuare il miglior approccio terapeutico. Mai scegliere da soli, perché si possono fare degli errori».
Da questo punto di vista, come si pone la Clinica Luganese Moncucco? «Posso affermare che sul fronte multidisciplinare la Clinica offre degli standard notevoli. Lavoro a Milano da 15 anni, mi sono specializzato in Canada e in Germania, sono professore alla Georgetown University di Washington e, prima del COVID-19, mi recavo almeno una volta ogni due settimane all’estero (Qatar, Kuwait, Bahrain, Dubai, Arabia Saudita…) per fare interventi endoscopici. Questo per dire che conosco molto bene il contesto internazionale. Sono rimasto impressionato dall’efficienza, dall’organizzazione, dalla capacità di gestione dei pazienti che ho trovato presso la Clinica Luganese Moncucco. L’istituto si pone in una posizione d’eccellenza nel contesto della sanità ticinese e svizzera. Sono veramente onorato di poter lavorare in questa struttura».